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DAN: deangle mask

 

 

 

 

                             

 

Maschera per la danza  "Deangle"  -  DAN (Yacouba-Yakuba) - Costa D'Avorio / Liberia / Guinea

Legno, pigmenti e fibre vegetali, patina d'uso. Dimensioni: cm 27 x 17  (nelle foto in dimensione reale)

 

I Dan costituiscono, con circa 350.000 individui, un popolo fiero di agricoltori che vive in una vasta regione montuosa e di savana boschiva al nord-ovest della Costa d’Avorio, nelle zone adiacenti al nord-est della Liberia e nel cui territorio sono stanziali, anche se in numero minore. Risiede essenzialmente in villaggi organizzati in diversi gruppi di stirpe patrilineare, rimasti sempre fedeli agli antichi riti ancestrali. La famosissima società segreta "Poro" è di gran lunga la più importante e ad essa appartengono la totalità dei membri che hanno responsabilità politica, religiosa ed educativa. L’arte si esprime anche negli oggetti d’uso comune (come i cucchiai). Ma è soprattutto nelle maschere che i Dan sanno riprodurre l’ovale dei visi con delicata semplicità di linee; insieme a quelle zoomorfe, le maschere entrano a pieno titolo nella gerarchia della società segreta, ed i sacrifici, eseguiti nel corso delle cerimonie, conferiscono loro una forza così che, col passare degli anni, diventano sempre più potenti ed efficaci nel trasmettere al danzatore la capacità di essere mediatore degli spiriti. "Le maschere sono, quindi, una parte importante della creazione artistica dei Dan e, secondo Eberhard Fischer e Hans Himmelheber non sono rappresentazione degli spiriti, ma sono gli spiriti stessi, incarnano, cioè, delle forze soprannaturali la cui presenza è richiesta in ogni avvenimento importante e nell'esercizio del controllo sociale. Gli stili delle maschere Dan sono innumerevoli: spaziano dalla rappresentazione naturalistica ma sottilmente semplificata del volto umano alla sua stilizzazione spinta, alla deformazione ed alla contaminazione con forme animali, raggiungendo risultati di elegante serenità da un lato e di estrema violenza espressiva dall'altro. L'assegnazione di uno stile ad una determinata regione è molto difficile a causa delle assimilazioni e delle differenziazioni che si sono prodotte nel corso del tempo." (Arte dell'Africa Nera, Bassani, pag. 65).

Fischer (1978) conta undici tipi di maschere le quali, anche se utilizzate e rispondenti a funzioni e ritualità diverse, possono avere degli elementi formali simili e somiglianti. La "Deangle", per esempio come la nostra in oggetto, è una maschera femminile, protettrice, di forma ovale, con occhi disegnati con due sottilissime fessure, occasionalmente ricoperti da una fascia di caolino, accenno di capigliatura in fibre vegetali, a volte sostituite da un cuscinetto di tessuto ornato di cauri, fronte divisa verticalmente da una specie di linea mediana che fuoriesce dai volumi dei lobi temporali e labbra protuberanti, in alcuni casi introverse su alcuni denti in metallo. Quando ha la funzione di intermediaria tra i giovani isolati nella foresta, durante i riti di iniziazioni, ed il villaggio, questa maschera cambia nome e viene chiamata "bonagle", che significa "mascheramento scherzoso e ridente" e rende gli uomini felici con il suo apparire. La maschera ha un ruolo importante nel rituale della circoncisione ed ogni giorno, a rotazione, i "dean" mascherati si recano al villaggio per chiedere cibo alle donne con le quali intrattengono e scambiano atteggiamenti scherzosi. Il costume è costituito da una gonna di fibre vegetali ed un tessuto, indossato come uno scialle, che copre la nuca, il busto e le braccia.

E' incredibile non solo il numero ma anche la diversità delle maschere prodotte dai Dan catalogate dagli studiosi e dai ricercatori. Purtroppo non tutte sono rimaste integre e complete anche delle acconciature, ma, ciò nonostante, sono ambite e ricercate dai collezionisti di tutto il mondo, fino al punto che alcuni di essi collezionano soltanto maschere Dan. Effettivamente esistono degli esemplari di maschere che sono veramente dei capolavori di scultura e di disegno e, nell'essenzialità delle linee, producono un effetto commovente a chi ha la possibilità e la volontà di guardarle con animo sereno e riesce ad immedesimarsi seriamente, alieno da qualsivoglia stupido pregiudizio, nella cultura che le ha prodotte.

Marcello Lattari

 

 

Bibliografia:

 1) L'ART AFRICAIN, Les principales ethnies de l'art africain par Francoise Stoulling-Marin, pagg. 521 - 522, Citadelles & Mazenod, 1988, Paris -

 2) ARTE DELL'AFRICA NERA - Bassani Ezio - pag. 65 - ArtificioSkira - Firenze / Milano - 2000

 3) AFRICAN MASKS, pag. 252, n° 82 - Plate 33 - Prestel-Munich-London-New York-2002

 4) MASCHERE D'AFRICA, collezione etnografica - Ornella Pasini & Luigi Banfi - Arcisate (Varese)

 5) THE TRIBAL ARTS OF AFRICA - Jean-Baptiste Bacquart - pagg. 36-37 - Thames & Hudson - 1998, London

 7) AFRICAN ART in american collections - Warren M. Robbins & Nancy Ingram Nooter - pagg. 159 - Schiffer Book - PA - 2004 - USA

 8) ARTS D'AFRIQUE - pagg. 188 / 193 - Edition Gallimard, Musée Dapper, 2000 - Paris -

 9) MASQUES, pagg. 201 / 213 - Musée Dapper, Ed.Dapper, 1995, Paris -

 

 

 


 

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