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Marcello Lattari

 

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Marcello Lattari: "IL TEMPO RITROVATO - Forme e storia dell'arte africana nella collezione Corsi": una mostra missionaria, non milionaria - recensione - Verona, Novembre 2009

 

 

 

 

Indice editoriale

 

"IL TEMPO RITROVATO":

una mostra missionaria, non milionaria

- recensione di Marcello Lattari -

 

        Una missione. Ecco cos'é il significato di una splendida quanto onerosa eredità per Fabrizio Corsi: cioé dedicare una vita intera affinché le tradizioni e le culture dei popoli africani venissero collocate nella loro naturale dimensione e nel giusto ruolo nell'ambito di questo pianeta ormai sopraffatto dal diritto del più forte e vittima di una usurpazione malamente perpetrata da una "religione plutocratica" in nome e per conto di un non meglio identificato "progresso morale e civile". Il "dio denaro", decadente controfigura moderna dell'originale del tempo passato e di Demetra progenie, Pluto, mal interpreta il suo ruolo di anacronistico contemporaneo, soprattutto confuso con l'immaginario di Re Mida, e, non comprendendo il risultato della sorte che stava per subire il suo emulato ed emblematico predecessore ed al contrario di questi non intuendo per tempo la propria futura e prossima dannazione, finirà per autodistruggersi ingoiando soltanto la sua stessa ingordigia.

        "Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell'umanità. Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche. TATANKA IYOTANKA - TORO SEDUTO (1831 - 1890) Capo Tribù Hunkpapa Sioux (Lakota)

        Questo semplice pensiero, attribuito a Toro Seduto, spiega le rivendicazioni che in futuro le popolazioni così dette del "terzo mondo" avranno modo di avanzare nei confronti del "civile uomo bianco" il quale, trafugando i manufatti della pura religione animistica e portandoli nel Tempio delle migliori e rare mercanzie, quali le più costose e milionarie collezioni, vittime del degenerato ed indegno erede di Mida, lucra addirittura sul "sacro della savana e della foresta" facendo sprofondare delle pure e splendide espressioni d'arte quali risultano i manufatti tribali, giammai vincolate da alcuna commercializzazione, fino all'infimo e venale livello di un folcloristico emblema nazional-popolare e di cui si approprierà con l'uso del vilissimo denaro, ancor più copioso, alto ed immenso quanto più il feticista occidentale abbia saputo "sapientemente" valorizzare e storicizzare tale "status symbol" (Elemento caratteristico dell’aspetto e del comportamento - spesso l'acquisto di un oggetto di consumo costoso o raro - che tende a dimostrare esteriormente che il possessore ha raggiunto un determinato status sociale e/o un livello di ricchezza personale e/o di potere.) attraverso la migliore ed eccelsa interpretazione nonché la perfetta esecuzione dei dettami della religione purtroppo dominante: quella plutocratica.

        Una mostra missionaria, non milionaria: con questo azzardato sottotitolo ho voluto aggiungere un'appendice e completare, in questo caso, la definizione di Thomas Stearns Eliot “Il tempo presente e il tempo passato  sono contenuti entrambi nel tempo futuro” in riferimento non soltanto al luogo, bensì ad ogni proponimento, lontano da qualsivoglia bramosia di ricchezza, del collezionista Fabrizio Corsi. Basta guardarlo mentre spiega ai giovani curiosi determinate conoscenze acquisite nel trascorrere di tanti anni vissuti intensamente in Africa e con quanto amore insegna i valori ancora incontaminati esistenti al di là del superfluo. Si dice che le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno: è ciò che il Corsi propugna ed offre. L'ombra della speculazione del "quantum" non lo sfiora neppure in modo simbolico ed il suo collezionare è un rituale che si perde nella spirale primordiale dell'assorbimento della cultura e delle tradizioni e di poi si manifesta nel saturarsi del ciclo vitale, quale la rigenerazione da passare, come testimone, alle nuove e future generazioni.

        Identifico il Corsi con il guerriero di Toro Seduto e gli oggetti della sua collezione danno un significato alla sua vita ed offrono ai visitatori il fascino del mistero. Nel suo tempio interiore non c'é posto per i mercanti e la sua  mostra prescinde da ogni sistema lucrativo, come ogni alta e nobile missione. Noi mortali diamo significato al Tempo e lo definiamo presente, passato, futuro in relazione al "finito" del nostro vivere, quale quasi invisibile segmento della retta dell'Infinito; ma il Tempo non è concepibile e vive al di sopra di sé stesso ed è contemporaneamente presente, passato e futuro. Non si perde, il Tempo, né si trova oppure si ritrova: é soltanto un modo di dire per affermare il nostro limitato divenire, un modo decoroso per sottolineare la nostra assoluta incapacità a possederlo oppure un illusorio e patetico sistema inconscio adottato dall'umanità per autosuggestionarsi nell'esserne il suo precipuo "dominus". Il Tempo inesorabile é lì, da sempre e contiene l'universo: siamo noi mortali che ogni tanto lo perdiamo di vista. Ed il Tempo di Fabrizio Corsi é lì, nell'espressione immutabile della sua collezione.

        La Mostra "Il Tempo Ritrovato" è veramente molto interessante e segue un percorso iniziatico ed esoterico della vita del suo autore, quale nobile missione didattica per dare un significato alla intercultura di tutti i popoli. Ogni sua nuova scoperta è una conquista che, attraverso l'uso, confacente meritoriamente a sé stesso ed al suo nobile scopo, degli spazi messi a disposizione dal Museo Africano di Verona, viene al meglio valorizzata ed apprezzata. L'esposizione al pubblico è di per sé un eccezionale evento didattico: quale definizione, altresì, meriterebbero questi oggetti se fossero "sepolti" in un sotterraneo di una banca o in una villa "milionaria" circondata da mura e picchetti armati, da cani feroci e dotata dei migliori sistemi di antifurto? Certamente quella definizione che sottolineasse, in modo inconfutabile, il significato di un accostamento e di un parallelismo con un pacco di denaro e non con qualunque altro significato didattico. Chiunque sia colpito o gravato dalla bramosia di ricchezza non sognerebbe mai di effettuare una mostra esponendo i propri mazzetti di denaro e, poiché le opere o manufatti artistici in suo possesso sono da lui considerati soltanto alla stregua del loro valore venale, senza alcun interesse geografico, storico, antropologico o artistico, dunque quale sarebbe la motivazione per cui tali opere dovrebbero essere oggetto di una mostra didattica? L'unica motivazione sarebbe quella di farne incrementare ulteriormente il valore, in qualunque modo consentito dai notissimi dettami della "religione plutocratica" e dunque soltanto in una progettazione ed esecuzione di una faraonica ed oltremodo squallida mostra milionaria.

        Ma, come dicevo, la nostra è una mostra missionaria e pertanto è costituita da opere tribali originali che costituiscono la base essenziale per una reale missione didattica. Per questo siamo tutti a ringraziare e benevolmente invidiare a Fabrizio Corsi la sua speciale conoscenza e l'immensa esperienza, ricchezze culturali peraltro già ampiamente dimostrate anche per merito della sua ex collezione, ora collezione Perolari, esistente nel museo E. Caffi di Bergamo, per mezzo delle quali egli non può, per deontologia morale, usare volgari ed inutili surrogati quali copie oppure imitazioni per insegnare le culture africane ai visitatori. Questi ultimi, dopo la visita, potranno andar via dal Museo Africano di Verona pienamente soddisfatti e con la certezza di aver acquisito un vero patrimonio reale, composto da veri presupposti reali, convertiti in conoscenza effettiva e non virtuale dalla splendida e luminosissima onestà intellettuale del nostro collezionista. La statue, le maschere, i vari oggetti d'uso e soprattutto le figure magiche, pregne di resistenza ideologica ad ogni sorta di sincretismo a volte apparentemente adottato, dominano, con la loro evidente autorevolezza e con  la giusta profusione del loro magico magnetismo, su tutto ciò che ricade sotto i nostri sensi nell'ambito del corpus espositivo. In questa aura si vive un sogno esoterico ad occhi aperti ed increduli e chiunque, anche senza rendersene conto, diventa un adepto iniziato ad una contemplazione orfica dell'eterno divenire, immedesimandosi per deduzione e per emulazione simbolica nel tribalismo ancestrale della propria atavica cultura ed in cui felicemente si immette da protagonista indossando una maschera invisibile che lo distoglie dalla faticosa realtà.

        Devo ringraziare tutto lo staff del Museo Africano di Verona per la squisita ospitalità riservatami e per ogni disponibilità offerta ed al quale va il mio plauso più sincero per l'ottimo progetto didattico in atto con la collaborazione di Fabrizio Corsi. Mi congratulo anche per il calendario delle molteplici visite guidate nelle quali i giovani ed i profani in genere potranno cominciare ad accumulare in modo propedeutico i più semplici mattoni dell'informazione culturale fino ad averne una consistente quantità ed un congruo numero tale da poter avere la possibilità di edificare ciascuno il meraviglioso tempio della propria impagabile conoscenza.

        Per Fabrizio Corsi, in riferimento all'adozione della frase di Thomas Stearns Eliot “Il tempo presente e il tempo passato  sono contenuti entrambi nel tempo futuro” ed al modo di interpretare il suo tempo che è evidente egli aver messo a frutto, sono costretto a rubare, affinché io possa con vero affetto inversamente dedicargli, un aforisma di Seneca: "Estremamente breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo, tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla."

Verona, 13 Novembre 2009

Marcello Lattari

 

 

 

 

 

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