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LULUA: nkota mask

 

 

 

                                                   

 

Maschera facciale e frontale  "Nkota"  -  LULUA (Luluwa): Regione del fiume Lulua, West Kasai - D. R. Congo

Legno, pigmenti e fibre vegetali, caolino, patina d'uso. Dimensioni: cm 39,5 x 20 x 18 (nelle foto in dimensione reale)

 

Il termine "Lulua" è stato dato dai primi esploratori Wissmann e Pogge nel 1881 ai Bena Moyo istallati sulle sponde del fiume Lulua, nella regione del Kasai. Essi stessi si consideravano come dei Luba, sotto-gruppo Pemba. Le loro innumerevoli migrazioni e gli apporti di diverse etnie si manifestano nell'abbondanza e nella varietà delle scarificazioni sulle loro sculture, scarificazioni che sono presenti sugli uomini. All'inizio del XVIII° secolo, in seguito alla penetrazione dei Luba nella regione del nord-est, i Lulua si rifugiarono più a sud ed entrarono in contatto con i Kuba, i Pende, i Songye ed i Chokwe che, penetrando nel 1880 nel Kasai, apportarono articoli di fabbricazione europea come i fucili, vestiti e perline di vetro. I Lulua sono patrilineari, formano dei piccoli gruppi autonomi e poco centralizzati e sono consacrati alla caccia. Organizzati in passato in piccoli villaggi indipendenti, governati da un capo con l'aiuto di un consiglio degli anziani, si sono raggruppati in seguito sotto l'autorità di un capo scelto nel sotto-gruppo dei Bkwa Katawa che ne difendeva i diritti.

I Lulua hanno saputo sviluppare uno degli stili più belli ed aggraziati che l'arte africana abbia mai conosciuto, producendo figure maschili e femminili slanciate, scolpite con una minuziosità ed un senso del dettaglio che si notano soprattutto nelle scarificazioni, particolarmente abbondanti sulla fronte e sulle gote, ma che ricoprono spesso tutta la statuetta. Il loro portamento eretto dà un'impressione di superiorità aristocratica e di uno spiccato lirismo, tanto che, a dispetto del suo alto grado di stilizzazione, la figura sembra essere sul punto di animarsi improvvisamente, tale è la sua vitalità. Pare che le donne portassero queste statuette nella cintura per proteggere il proprio figlio, anche se non era ancora nato.

Mentre la letteratura ci consente di acquisire innumerevoli informazioni sulla statuaria dei Lulua, altresì è molto scarna ed avara di conoscenze sull'uso e sulle tradizioni delle maschere. Infatti, al contrario di alcune etnie che abbiamo già avuto modo di analizzare, come per esempio quella dei Dan, che hanno prodotto un numero enorme di maschere, tanto da consentire ai collezionisti di raccogliere le diverse tipologie della stessa produzione artistica, i Lulua non hanno prodotto le maschere in numero tale da poter avere la possibilità e la disponibilità per tranquillamente effettuare degli studi e delle ricerche più approfondite. Per tale motivo, riconosciuto dalla maggioranza degli autori, le maschere Lulua sono molto rare e dunque di difficilissima reperibilità.

Questo tipo di maschera è stato descritto da Maesen (1960: illustrazione 28) che riprese anche le note di Frobenius che la colloca tra i Ba-Kete del Sud-Est. Frobenius (in Klein 1988, illustraz. 269) fa menzione di una maschera che aveva il nome di "Tschibunga", assimilata di poi dai Lulua, quando si rifugiarono nel territorio dei Kuba, spinti, come abbiamo detto sopra, dalla preponderanza Luba. In seguito, anche le tradizioni dei Chokwe si miscelarono con quelle dei Ba-Kete con il risultato di osservare tra i Lulua tradizioni che si incrociarono e di cui possiamo notare alcune caratteristiche assolutamente inconfutabili proprie dei Ba-Kete e dei Chokwe. Tra i Lulua, il nome generico di questo tipo di maschera facciale-frontale è "nkota" ed il personaggio completo di maschera per la danza è conosciuto col nome di "bwadi o mukishi". Il termine "Mukishi" si riferisce all'incarnazione o alla personificazione degli spiriti dei morti. Oltre che nelle danze dove si evocano gli spiriti dei defunti, questa maschera viene usata sia durante i funerali delle persone importanti sia nel rituale di iniziazione dei giovani, la "mukanda". Non ci resta che esprimere una considerazione su di una situazione assolutamente comune in Africa Nera: la purezza degli stili autoctoni è rarissima e notiamo sempre l'osmosi delle tradizioni avvenuta non solo tra i popoli confinanti tra loro o viciniori ma anche in seguito agli eventi storici che inesorabilmente hanno condizionato le varie culture e tradizioni.

Marcello Lattari

 

 

Bibliografia:

 1) L'ART AFRICAIN, Les principales ethnies de l'art africain par Francoise Stoulling-Marin, pag. 580, Citadelles & Mazenod, 1988, Paris -

 2) MASTERPIECES FROM CENTRAL AFRICA - C.P. pag. 166 - Royal Museum for Central Africa, Tervuren and the authors  -  Prestel-Verlag  - 

     Munich / New York, 1996

 3) AFRICAN MASKS, pag. 273, n° 214- Plate 84 - Prestel-Munich-London-New York-2002

 4) MAESEN. 1960, ill. 28

 5) MASCHERE D'AFRICA, collezione etnografica - Ornella Pasini & Luigi Banfi - Arcisate (Varese)

 6) THE TRIBAL ARTS OF AFRICA - Jean-Baptiste Bacquart - pagg. 180 - Thames & Hudson - 1998, London

 7) AFRICAN ART in american collections - Warren M. Robbins & Nancy Ingram Nooter - pagg. 437 - Schiffer Book - PA - 2004 - USA

 8) ARTE AFRICANA - Erich Herold, pag. 205 - Aventinum - 1991 - Praga

 

 

 


 

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