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BEMBE:  "alunga / kalunga / echwaboka" mask

 

 

 

 

                                            

 

Maschera casco Janus  "Alunga" o "Kalunga" o "Echwaboka"  -  BEMBE (WA-BEMBE): Regione del Kivu, D. R. Congo

Legno chiaro semiduro, colori vegetali, caolino, patina d'uso. Dimensioni : h cm 37 x L cm 24 (nelle foto in dimensione reale)

 

Secondo la loro tradizione, i sessantamila Bembe, discendenti dei Luba, hanno lasciato il Congo nel XVIII° secolo. Più numerosi si installarono nel nord-est dello Zambia, mentre altri restarono nello Zaire e condivisero diversi scambi e traffici con i loro vicini, presso le rive del lago Tanganyika: i Lega, i Buyu, gli Holoholo, i Binji. Il loro è un territorio coperto di foreste con altopiani e savane boscose attraversate da fiumi molto larghi. Dopo la seconda metà del XIX° secolo, questa regione è stata sconvolta dalla migrazione della popolazione e dalle rivolte per le incursioni dei mercanti di schiavi che continuarono anche nel periodo coloniale. I Bembe hanno la reputazione di essere un popolo fiero e duro che ha appreso dai loro vicini l'arte della caccia ed il sistema ottimale per la raccolta del miele. Guerrieri e cacciatori, essi praticano l'agricoltura su terreno debbiato ed attribuiscono un valore sociale, rituale ed economico alla caccia. Il villaggio, costituito da una trentina di capanne, veniva abbandonato per tre o quattro anni, fin quando durava l'impoverimento della fertilità del terreno. Allo stesso modo dei Lega (Warega), i Bembe avevano un'organizzazione fondata sui lignaggi patrilineari di cui il capo era responsabile del culto verso gli antenati che si svolgeva in santuari di forma tubolare o sferica. Ancora attivo nel 1950, questo culto non utilizzava più delle sculture bensì delle zucche, pietre, coltelli, nutrimenti vari e trofei di caccia.

La maschera, qualunque sia la società segreta che l'utilizza, esige un impegno totale, perchè bisogna aderire pienamente a dei processi di identificazione. L'investitura è tanto più grande quanto più gli iniziati manifestano con certezza una volontà di integrazione, come fanno i Bembe in seno alla società " Alunga ". Questa nozione si rapporta a tutto ciò che è nascosto, misterioso, di una grande potenza e difficilmente identificabile. Essa tocca e si riferisce particolarmente a tutto ciò che concerne il mondo della savana, gli spiriti della natura, in particolare quelli della terra, delle foreste e delle acque. Alla società " Alunga " sono collegati degli oggetti poco comuni, tra cui una serie di maschere policrome, antropozoomorfe, dotate di corna. Talvolta la loro composizione è fortemente stilizzata: è difficile determinare se i tratti sono quelli di un essere umano oppure di un animale.

La maschera della nostra collezione, nella lingua del popolo Bembe, viene chiamata esattamente "ibulu lya alunga"  o  "echwaboka", rappresenta un potente spirito della foresta "M'ma Mwitu", fa parte del corredo personale dei membri di rango più elevato nelle gerarchie regolate dalla società "Alunga" e, sotto di essa, si nascondono i maestri dell'iniziazione.

La scultura della maschera, di forma veramente eccezionale, ricavata talvolta da un unico blocco di legno, come nel caso della nostra, ed alcune volte in due parti unite poi tra loro per il dorso, incute timore da qualunque lato la si guardi: le superfici del casco scavate con più cavità ricoperte di caolino sono separate da motivi dipinti in bruno e presentano, al loro centro, una specie di sperone arrotondato che introduce delle rotture nella massa. Il lavoro ornamentale crea un'opera a tutto tondo tra le più originali nel suo genere. La maschera in legno si completa con alla sommità un grosso ciuffo di piume di uccello ed aculei di porcospino "Ehala" ed il resto del costume è costituito, generalmente, da fibre "Asamba" e foglie di banano. Introdotta da un gruppo di cacciatori conosciuto con il nome di " Bahonga ", esce in pubblico e si manifesta principalmente durante le cerimonie organizzate per la circoncisione, in occasione delle riunioni dei raccoglitori di miele ed alla vigilia di grandi battute di caccia. Prima di partire, degli ingredienti sacrificali, tra cui il sangue di pollo, sono versati sugli altari, costituiti alcune volte da piccole sculture o dalle stesse maschere, al fine di conciliare tutte le forze necessarie alla riuscita di una caccia fruttuosa. La società "Alunga" appare come una struttura di iniziazione originale, in seno alla quale le regole fondamentali di comportamento sono trasmesse ai nuovi iniziati, di uomini della stessa generazione. Apprendono anche i canti che stimolano le maschere nei loro numerosi interventi. Ma, come si è già detto, è un membro di grande esperienza con un grado elevato in seno alla società che ha il privilegio di portare la maschera casco "Janus", la quale "vede tutto ed in tutte le direzioni", resa ancora più imponente dal costume che nasconde tutto il corpo. Il portatore della maschera che conosce, oltre la danza, il modo di parlare e di cantare con suono gutturale, non distingue bene i luoghi dove deve compiere le evoluzioni rituali per la danza e, dunque, deve confidare sull'iniziato che guida i suoi passi. Quest'ultimo è, contemporaneamente, il guardiano della maschera e dei suoi accessori che vengono in modo rituale conservati in un luogo segreto e sacro chiamato "iwala".

L'influenza della società "Alunga", in generale, recava disturbo e non mancavano certamente i suoi oppositori. In assenza di un potere politico centralizzato, le società segrete hanno svolto, presso i Bembe, un ruolo importante: a fianco dell'istituzione del "Bwami" improntata ai Lega (Warega) predomina un'altra società, "Elanda", che si interessava delle grandi migrazioni. Le riunioni dell' Elanda furono proibite nel 1940 dall'amministrazione coloniale belga che giudicava l'esistenza di tale società in modo negativo e contrario per la civilizzazione che si sforzava di instaurare tra le popolazioni autoctone. Per le stesse ragioni, sette anni più tardi, il discredito fu gettato anche sull' Alunga. Si sa che, soprattutto in Africa, alcune società segrete hanno avuto un ruolo politico determinante nella lotta contro i missionari, il potere coloniale e quello dell'Islam.

In conclusione, questa splendida maschera, oltremodo misteriosa, sia nel suo significato apparente o nascosto, sia nell'astrattismo avanzato che supera e sublima ogni tentativo di attribuzione formale, oggetto della nostra attenzione, resta una tra le più affascinanti dell'intera arte tribale africana e, costituendone ormai un "classico" riconosciuto universalmente dai critici e dagli studiosi, ci sprona allo studio per la sua interpretazione ed alla fruizione di una composizione artistica che certamente lascia il segno a chiunque ha l'occasione fisica e visiva di averne un piacevole contatto dal quale resterà sicuramente soggiogato nel tempo, anche se questo dovesse essere malamente sfruttato nelle evoluzioni fantasiose delle estasi estetiche antropologiche che "vedono" l'arte dovunque e dappertutto: senza motivo alcuno se non quello fatuo, limitato ed oggettivamente bugiardo, se pur in buona fede, effetto dell'autosuggestione.


Marcello Lattari

 

Bibliografia:

1) L'ART AFRICAIN, Les principales ethnies de l'art africain par Francoise Stoulling-Marin, pag. 571, Citadelles & Mazenod, 1988, Paris -

2)  MASTERPIECES FROM CENTRAL AFRICA - M.H.B. pag. 186 - Royal Museum for Central Africa, Tervuren and the authors  -  Prestel-Verlag  -  Munich / New York, 1996

3) AFRICAN MASKS, pag. 276, n° 234- Plate 96 - Prestel-Munich-London-New York-2002

4) FAGG. 1980, pag. 147

5) BIEBUYCK, 1972; BIEBUYCK, 1993; FELIX, 1989; PETRIDIS, 1993, pag. 186; ROY, 1992 -

6) THE TRIBAL ARTS OF AFRICA - Jean-Baptiste Bacquart - pagg. 152-154-155 - Thames & Hudson - 1998, London

7) AFRICAN ART in american collections - Warren M. Robbins & Nancy Ingram Nooter - pag. 477 - Schiffer Book - PA - 2004 - USA

8) ARTS D'AFRIQUE - pagg. 76-77-78 - Edition Gallimard, Musée Dapper, 2000 - Paris -

9) AFRICA UND OZEANIEN - Margaret Trowel - pag. 49 - Rizzoli Editore, 1968 - Milano -

 

 


 

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